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L’eleganza è frigida, di Goffredo Parise

11 settembre 2013 Lascia un commento

Goffredo Parise, L’eleganza è frigida, 1982

[le letture del martedì di RDB]

Il volume raccoglie articoli sul Giappone che Parise scrisse originariamente per il Corriere della Sera e poi trasfusi in forma di romanzo.

Marco arriva in Giappone dal paese della Politica, l’Italia.  All’inizio ci sono troppi luoghi comuni: la gentilezza dei giapponesi, la loro puntualità, l’eleganza, la timidezza, etc. etc. Sono tutte cose vere, ma – uffa ! – c’è troppa political correctness. Come se uno parlasse degli italiani esaltandone solo l’estro, la cucina, la convivialità, la simpatia, il saper vivere, l’ingegnosità, la flessibilità dimenticandone la furbizia, il cinismo, il trasformismo, l’attitudine a non rispettare le regole (ci fermiamo qui). Però man mano il volume migliora, diventando un manualetto di antropologia giapponese o, se si preferisce, una guida al paese.

Parise/Marco spazia dalla religione (o non-religione) dei giapponesi al sumo, dal cibo allo Shinkansen, dal giardinaggio all’eros, da Kawabata a Richard Sorge, dai kimoni al tiro con l’arco, dal kendo alla musica giapponese. Forse le pagine più belle sono quelle dedicate ai templi di Kyoto e ai giardini zen (ma se non si sono visti dal vivo è difficile immedesimarsi). Non manca un delicato corteggiamento della signorina Tokugawa, riservata guida di Marco nel paese del Sol Levante (altro piccolo luogo comune: possibile che nei romanzi le donne giapponesi siano sempre ritratte come timide, enigmatiche e misteriose e mai come sfrontate e dirette?). In sintesi, non è un libro che entrerà nella storia della letteratura italiana, ma che si apprezza prima, durante e dopo una visita in Giappone.

Sillabario 2, di Goffredo Parise

Goffredo Parise, Sillabario n.2 (1982)

[le letture del martedì di RdB]

51mN2opdG7L._SL500_AA300_Goffredo Parise ci è istintivamente simpatico. Forse perché se ne è andato troppo giovane, o per essere stato – oltre che scrittore – giornalista, inviato all’estero, sceneggiatore di film, amico di Gadda, Moravia, Fellini, compagno di Giosetta Fioroni. E poi in alcune foto sembra avere una grande faccia da cinema, da caratterista della commedia all’italiana. L’avremmo visto bene come coprotagonista di “Il bidone”. E dato che il Sillabario n. 1 non ci aveva convinto, siamo stati contenti di leggere il Sillabario n. 2 che, invece, ci è piaciuto di più.

Strana storia questa del Sillabario n. 2. Uscì da Mondadori nel 1982, nella Collana della Medusa, mentre il precedente era uscito dieci anni prima per Einaudi. Il Sillabario n. 2  coprì le lettere dalla F (dove il primo volume si era fermato ) alla S, perché Parise ammise che l’ispirazione gli era venuta meno: non era riuscito ad andare avanti.

Sillabario n. 2 è pieno di vita. Il Sillabario del 1972 c’era sembrato un esercizio calligrafico (Parise le chiamava “poesie in prosa”). I sentimenti degli uomini e delle donne sono freddi; utilizzando un titolo parisiano, siamo di fronte a “un’eleganza frigida”. Nel Sillabario del 1982  ci sono invece la guerra in Biafra, la seconda guerra mondiale, il fascismo italiano, Milano, Roma, l’Italia, le passioni e le delusioni amorose, tentativi di matrimoni combinati nell’Est europeo, i contrasti tra un padre e i figli, addirittura un racconto intitolato “sesso” (una specie di mini-sintesi del lavoro postumo di Parise, “L’odore del sangue”) . Certo, sempre mantenendo quel suo stile attento a pesare ogni parola, a non superare mai le setto/otto pagine. È come se Parise non avesse cambiato le dimensioni di una piccola pieve romanica da lui costruita, ma si fosse sforzato di inserire alcune decorazioni barocche – sempre misurate – in qualche cappella. O, forse, la vecchiaia e la malattia avanzavano e lo spinsero ad attaccarsi con più forza alla vita.

Sillabario n.1, di Goffredo Parise

26 marzo 2013 1 commento

Goffredo Parise, Sillabario n. 1, 1972

[le letture del martedì, di RdB] 

parise03Ogni parola è centellinata in questi famosi racconti di Parise. Gli aggettivi sono ridotti al minimo. Non è solo un ossequio ai consigli dei manuali di scrittura. I sillabari sono un dizionario dei sentimenti e delle situazioni in cui uomini e donne sono coinvolti, dalla A alla F in questo volume, e riportano definizioni dove c’è poco posto per gli aggettivi. La scrittura è asettica. I paesaggi sono soprattutto quelli del Nord; fa freddo, piove, c’è la nebbia.

Si resta colpiti dalla precisione del linguaggio di Parise ma passati alcuni mesi ricorderete poco dei suoi personaggi. Vi succede così anche per i racconti, per fare pochi esempi, di Calvino, Salinger, Carver, Flaubert, Maupassant, Tolstoj?

A difesa di Parise va detto che racconti di cinque-sei pagine (in media) mal si prestano a scolpire personaggi e storie indimenticabili. Rimangono, così, soprattutto esercizi di stile. Come dice una cara amica, il minimalismo può essere una trappola.