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Ancora altre vite possibili

Certo è difficile per tutti. Per me è quasi impossibile.
La felicità.  Come potrò mai essere felice se, a prescindere da tutto quello che di bello può capitarmi – e mi è in effetti capitato – nella vita, non potrò mai andare ad abitare in un piccolo centro nel Midwest e, in questi giorni di fine estate minacciati dai tornado improvvisi, indossare una cerata gialla fornita dall’ufficio della Contea per il quale lavoro, salire a bordo del pickup con i lampeggianti e la sirena, e andare ad avvisare le famiglie che vivono nelle campagna del pericolo imminente, e insieme alla collega  (incredibilmente somigliante a Frances McDormand, continuamente in cerca di convincermi sugli indiscutibili vantaggi che ne avrei sposandola, rassicurandomi sul buon carattere dei suoi tre figli), monitorare l’evolversi della situazione e poi tornare e riferire allo sceriffo sul far della sera?
E come potrei essere felice, se anche riuscissi per un miracolo a trasferirmi nel Midwest, non potendo poi certamente realizzare l’altro sogno, quello di vivere in una piccola città in un cantone svizzero e fare il giornalista sportivo per l’unico giornale progressista elvetico, seguire il Basilea o il Grasshopper nelle vicine trasferte,  conoscere tutti i giocatori e andare a bere birra con i colleghi in un bar con dei tavoli in legno grezzo nel giardino davanti? E quand’anche mi  riuscisse di trascorrere una parte della vita nel Midwest e una parte in un Cantone svizzero, come potrei essere felice immaginandomi, senza speranza che ciò si realizzi, ad insegnare letteratura italiana in una università inglese medio grande, indossare giacche in tweed e sorseggiare thè seduto dietro la mia scrivania nel Campus, debolmente illuminata da una lampada che ingiallisce le pile di libri e tesi di laurea che la ingombrano?
Non so cosa ne pensiate, ma io onestamente trovo impensabile riuscire, nella stessa vita, ad essere un agente della Contea in un piccolo centro del Midwest, un giornalista sportivo svizzero e un professore universitario inglese, anche perché sarebbe del tutto inutile dal momento che rimarrebbe irrealizzato il sogno di potermi trasferire a Stoccolma per guidare i vaporetti turistici nella bella stagione, scambiare un saluto complice e brusco al collega nel passaggio delle chiuse nelle fredde acque del lago Malaren e poi mangiare aringhe e bere birra, nella precoce sera baltica.

(altre vite possibili qui e qui)

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  1. 25 settembre 2010 alle 23:59

    Bellissime queste vite possibili!! Anche quella del cameriere d'albergo ! Ne voglio ancora! 🙂

  2. bsq
    26 settembre 2010 alle 16:33

    grazie! specie da parte del cameriere (di cui avevo completamente dimenticato l'esistenza…)Altre vite arriveranno di sicuro…

    ezio

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