Tutto gratis!
Ma davvero l'accesso alla conoscenza, come vorrebbe Rodotà (vedi La Repubblica di un paio di giorni fa) attraverso Internet dovrebbe essere libero e gratuito per tutti? Come l'acqua? (in quanto diritti fondamentali per ogni persona – lo ha stabilito l'ONU, non Rodotà).
(l'acqua non è quasi mai gratuita: a Roma sì, perché ci sono le fontanelle e puoi berla o lavarci la macchina – già farci la doccia è abbastanza complicato).
(L'articolo di Rodotà è bello, comunque, va letto, è stimolante).
L'accesso alla conoscenza libera e gratuita per tutti è una bellissima cosa, ma drammaticamente falsa.
Io, per dire, sono disposto a pagare una sessantina di euro al mese per accedere a Internet (e telefonare) a una banda mediolarga (7 mega), e sul telefonino. E' tanto? poco? Tutti possono permetterselo?
E poi: perché a nessuno viene mai in mente di protestare quando, entrando in una libreria non gli è consentito di prendersi un libro e portarselo via così, senza pagare? Perché è considerato del tutto ovvio e progressista non pagare i diritti d'autore a chi ne ha diritto? O, quantomeno, le spese vive di produzione: se io ristampo i Promessi Sposi e li vendo in edicola, a nessuno suona strano che debba pagare un tot (poco) per entrarne in possesso. Perché in internet è dato per scontato che chi abbia digitalizzato I Promessi sposi non abbia sostenuto spese e non abbia diritto di rivendicare il suo onesto guadagno?
Ovvio che io sono contento di trovare i Promessi sposi gratis in internet, quindi sono un bell'ipocrita. (magari i Promessi sposi, no).
Il copyleft è una gran bella cosa ma non mi sembra che escluda a priori una forma di guadagno. Quello che non mi è chiaro è perché la forma di guadagno è lecita se compro un libro (perché ci sono dei costi?) e diventa antipatica (no, non illecita, per carità) se la si pretende in rete (dove ci sono dei costi lo stesso).
Detto questo io sono e sarò sempre per l'Open access, che però è tutt'altra cosa. Cosa è? Leggevi Big deal (link qui accanto) e lo scoprirete.